domenica 14 Aprile 2024

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Live Aid, anniversario speciale: trentacinque anni e non sentirli

Live Aid, anniversario speciale: 35 anni e non sentirli. Il 13 luglio 1985 è andata in scena la storia, non solo della musica. Mai prima di allora e di dopo tantissimi artisti hanno lasciato il loro ego fuori dallo stadio di Wembley Londra e di Philadelphia in nome di un progetto comune di beneficenza, raccogliere fondi per l’Africa che in quel periodo viveva un’enorme carestia.



E non erano trapper o fuoriusciti dai talent qualsiasi. Erano, e restano, il gotha della musica. Alcuni non ci sono più, almeno fisicamente, tra noi, ma hanno lasciato la loro anima e il loro immenso talento. David Bowie, George Michael, Freddy Mercury: fa un po’ impressione vederli ora sui filmati di youtube di quel giorno cantare tutti insieme allo stesso microfono il brano finale della giornata, quel “Do they Know it’s Christmas Time” che diede l’input a tutto, 45 giri e evento benefico compreso.

https://youtu.be/YoDh_gHDvkk

Quel giorno fu il momento della consacrazione di Freddy Mercury e dei Queen, una sorta di rivincita per loro e per la malattia che ce lo avrebbe portato via: vedere cantare la folla di Wembley (e quella a casa davanti ai vecchi televisori anni Ottanta) all’unisono “We are the Champions” è qualcosa che ancora mette i brividi. Furono loro, insospettabilmente, le vere star di quel giorno, merito del loro tecnico del suono che, in barba alle regole degli organizzatori, alzò il volume. E Freddy si ritrovò ad incantare milioni e milioni di persone.

Tutto, però, fu merito di un trasandato rocker irlandese, un “certo” Bob Geldof, fino ad allora leader dei Boomtwon Rats, quelli di “I Don’t Like Mondays”. Fu lui che, nel novembre precedente, vide in tv un documentario sulla carestia in Etiopia e non volendo stare con le mani in mano, si mise al lavoro coinvolgendo l’amico Midge Ure, ai tempi cantante degli Ultravox, abile autore e produttore. Insieme scrissero “Do they Know it’s Christmas”, chiamarono ad inciderla tutta la scena pop inglese del momento e non credettero ai loro occhi quando il 45 giri divenne il più venduto. Dopo pochi mesi nacque l’idea del mega concertone in contemporanea da Londra (dove a Wembley c’era un’altra icona del periodo, Lady Diana) e Philadelphia, con tutte, ma proprio tutte le star del tempo. Mick Jagger, Madonna, Sting, Dylan, Paul McCartney, persino Ozzy Osburne: si fa prima a dire chi non partecipò, Michael Jackson, secondo il suo agente era troppo impegnato, nonostante avesse contribuito alacremente alla causa con la scrittura di “We Are The World”, il brano targato Usa for Africa nato dopo il successo della canzone inglese.

Midge Ure, nella sua sincera autobiografia, racconta molti aneddoti interessanti. Il Live Aid non è stato solo Freddy Mercury, come si tende a pensare negli ultimi anni. E’ stato i big di sempre più le star degli anni Ottanta, un vero juke box, come si diceva allora, di suoni, colori, influenze. Se uno dovesse raccontare la musica di quel periodo, potrebbe farlo rivedendo i filmati del Live Aid. Non solo un “come eravamo” ma una lezione di costume (e talento) per i Millennials.


L’elegantissimo David Bowie con “Heroes”, la grinta insuperabile di Tina Turner, Phil Collins che prese il Concorde per essere presente a Londra e a Philadelphia, Bono Vox quasi timido (gli U2 esplosero poco dopo il Live Aid), Elton John e George Michael in duetto, Bryan Adams con l’incendiaria “Summer of 69”, gli Spandau Ballet sotto il sole cocente con Tony Hadley in soprabito nero.

Tanti sono i flash dei ricordi per una ragazzina che sognava davanti a una scassata tv e decideva che avrebbe fatto la giornalista di musica per poter un giorno vedere da vicino un evento del genere e intervistare i protagonisti. Una ragazzina che si rendeva conto di partecipare da lontano a qualcosa che avrebbe cambiato la vita di molte persone e che il Live Aid, in un pomeriggio caldo e assolato di un luglio qualsiasi, sarebbe stato qualcosa unico, irripetibile e storico.

Il tempo trasforma qualsiasi cosa, compresi i volti dei miti, ma i sogni rimangono e lasciano il segno.

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