domenica 17 Marzo 2024

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Sanremo 2020 pagelle canzoni e cantanti seconda serata Festival

Le pagelle della seconda serata del Festival di Sanremo 2020. Considerazioni sparse e in libertà sulla seconda puntata.


E’ ancora una gara canora? perché tra scenette, co-presentatore e sue interminabili battute, illustre vallettame, meteore tettute musicali rispolverate in versione presentatrici, tennisti in trasferta, alle 22,30 hanno cantato solo tre artisti in gara. No, non impariamo dall’Eurovision (cantati uno via l’altro con alle spalle ognuno uno spettacolo, niente chiacchiere, auto-presentazioni, in brevi video che esaltano il paese ospitante… e Sanremo ha tante bellezze da mostrare, oltre all’interno dell’Ariston, che poi in realtà è niente di che).

Basta con questo vecchiume chiacchierino di autospot, di promozioni di film, di monologhi riparatori, ospiti che cantano in playback, altri inutilità. Per fortuna c’è Rai Play, dove scegliere cosa e quando vedere senza abbrutirsi davanti alla tv e al nulla.


PAGELLE SECONDA SERATA FESTIVAL DI SANREMO 2020

Lo spauracchio delle polemiche si è risposto da solo, “No grazie”. Strappandosi pure la maschera. Tanto rumore per nulla, per una canzoncina rappettata, bah. Speriamo che Junior Cally non metta in pratica la minaccia di voler scrivere canzoni d’amore… anche no, grazie. E poi se proprio vuoi il rap a Sanremo, ci sono già Anastasio e Rancore, un altro livello, da cantautori di oggi.

Altroché blu pantone, il colore dell’anno è il rosa, sempre dopo le tutine, off course. Così la giornalista Rai, Laura Chimenti, in un vaporoso abito, così Levante, così la ricca e povera ritrovata.

Francesco Gabbani ha già vinto. Con quella sua aria scanzonata, la capacità di star in scena, ha confermato di saper arrivare subito, senza retorica, “pallosità” e senza bisogno di scimmie intorno.


L’effetto Stato Sociale continua con i Pinguini Tattici Nucleari, segno che un po’ di spensieratezza e ironia sembrano una reazione alla noia infinita di uno show infinito.

Enrico Nigiotti ha fregato il chignon a nonno Pelù. Bah, uno che per una vita ha fatto l’alternativo sputando su Sanremo, si è ridotto a venire qui citando se stesso e le amate influenze tex mex, con la panzetta sotto il gilet di pelle, l’aria di diavolo pacioccone che recita la parte del rocker duro e puro. E’ pure più giovane di Mick Jagger, ma sembra suo nonno. Forse la pensione a cullare il nipote sarebbe meglio di questa scena patetica, anche per rispetto alla sua carriera.

L’imbarazzo non ha mai fine, così come gli stonati inutili in gara. Che guarda caso ricorrono allo stesso escamotage per far parlare di sè, ma l’ereditiera Elettra Lamborghini è rimasta fregata in velocità dall’altro tutina glitterata, anche se lei l’ha rubata agli Abba e alla Carrà dei tempi d’oro. Senza avere la loro gaia spensieratezza.
E ha pure il coraggio di dire che rimane la “musica (di certo non la sua) e il resto scompare”.

La nuova musica italiana di livello è donna, con somma pace per trapper maschilisti e tutine vuote. Levante fa ben sperare, se solo non si muovesse sul palco come se avesse il mal di pancia e facesse capire qualche parola del suo testo. E anche Giordana Angi si conferma una che non ha bisogno di tutine per farsi notare, le basta il talento e i bellissimi orecchini, anche se la canzone non è niente di che. Anche se poi sarà Elodie, che cavalca le sonorità più attuali, a imporsi più delle altre.

Alla fine sono i “nuovi” vecchi ad uscirne trionfanti, il “classico” che emoziona: Marco Masini che potrebbe dare lezioni di canto alle tutine glitterate, con un brano dal testo profondo che lo ritrae alla perfezione, Michele Zarrillo che svela il suo lato più sbarazzino con una canzone che non ha certo la forza di “Cinque Giorni” o “La notte dei pensieri”, ma lui
è bravo sempre e comunque, l’eleganza e la commozione di Tosca, un altro livello su tutto. La classe non è acqua, per tutti e tre.

Il duetto Ferro-Ranieri è il punto più alto dello show, due grandissime voci italiane in un Festival di tutine stonate. Curioso, uno fu scartato da Sanremo ed è un protagonista indiscusso degli ultimi vent’anni della musica, con la sua emozione, la sua veridicità, la sua umiltà, il suo struggersi per gli sbagli, un grande intrattenitore, l’altro il mattatore dello spettacolo italiano, il suo essere un grande intrattenitore su tutti i fronti, il talento incredibile: le somiglianze non sono solo fisiche.

E niente, alla fine la canzone che rimane in mente e si canticchia la mattina dopo è “La prima cosa bella”, anno di grazia 1970, nonostante il playback, ma grazie alle armonizzazioni uniche dei quattro ritrovati, altroché tutine stonate.

I miei preferiti restano Bugo e Morgan, nonostante le sue stravaganze e i suoi limiti vocali, che ormai in confronto ai trapper maschilisti e le tutine vuote fanno tenerezza. Niente da fare, amo le sonorità anni Ottanta, la sincerità del brano e il fondersi dei due. E trovo geniale la strofa “volevo fare il cantante delle canzoni inglesi così nessuno capiva cosa dicevo”, una stilettata agli aspiranti X Factor. Al secondo posto Francesco Gabbani e la sua leggiadra profondità.

Per tutti quelli che continuano a paragonare tutina glitterata a Bowie, poveri, si sono lasciati offuscare da troppe paillettes o da qualche altro interesse dietro le quinte che ha messo da parte la capacità di ragionare. E ha fatto emergere la capacità di insultare… ovviamente l’immenso Duca Bianco.

LEGGI ANCHE >>> LE PAGELLE DELLA TERZA SERATA DEL FESTIVAL DI SANREMO 2020

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